Adolfo
Fumagalli (1828-1856) Qui était-il? |
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à Inzago Auditorium 23/9/2006 Le seul exemplaire disponible The Guardian |
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Fanfare
Magazine The recital here incorporates two types of works: operatic fantasies based on other composers’ music, and original compositions, of which the programmatic studies of the École moderne du pianist, op. 100, are some of the composer’s finest. Of the former works, it is difficult to say which of the two Meyerbeer-inspired compositions is the more impressive: the diabolically difficult left-handedGrand Fantasy, op. 106, with its complex counterpoint, its myriad of sounds and timbres, and its extreme virtuosity—the one hand does more in this piece than two do in others!—or the Grand Fantasy on Le proophète, op. 43, one of Fumagalli’s pièces de résistance, which was praised highly by none other than Meyerbeer himself. Forced to choose, I might have to pick the former, for even with the music sitting in front of me, my reaction must have been similar to that of the critic, Paul Scudo: Arriving late to a concert given by Fumagalli at the Salle Herz in Paris, in which the pianist was performing his own op. 106, the critic, astonished by what he heard, finally cast his eyes toward the stage. He discovered that “Fumagalli’s gloved right hand was resting on his knee.” There was good reason that the work was dedicated to Franz Liszt! The original compositions are even more interesting in their own ways. Though only 18 of the proposed 24 studies were completed before the composer’s untimely death, the ones that were finished reveal a composer of both astonishing creativity and compositional command. Modeled on Liszt’s Études d’exécution transcendante, they provide more than just an immense technical challenge; they are moreover programmatic works meant to stimulate the listener’s sense of awe and imagination. Of the four works here, the 10th study, the “Danse fantastique,” is one of the finest. Similar in character in this listener’s ears to Saint-Saëns’s Danse macabre, the swirling figurations, the hyper-staccato bass line, the bell-like chimes, and the gracefulness of the writing all come together to create an eerie yet charming take on the macabre. Described by the pianist, Adalberto Maria Riva, as “the most technically demanding piece of the whole collection,” the 17th Study is perhaps my favorite. Entitled “La Roche du Diable” and prefaced by a text by Victor Hugo, the composition is unrelenting in its demands—its powerful use of the lower bass registerrs, its stormy use of arpeggios which cascade up and down the keyboard, and its powerful ending all come together to create a most exciting, yet sinister sounding, work. Throughout this recital Riva proves himself the ideal interpreter of these works in both his demeanor and his virtuosity, the latter of which is, at times, astonishing; one can hardly imagine the works being played better than Riva does them here, whether technically or musically. If one is a fan of 19th-century pianism then, simply put, this recording belongs in your collection. Though some may call Fumagalli a salon composer, he at times proves himself much more than just a composer of pretty tunes and shallow theatrical gestures. And if one doesn’t know his music, then one owes oneself the pleasure of getting to know it better. Scott Noriega This
article originally appeared Adalberto
Maria Riva: a ‘convincing advocate’ of Fumagalli. American Record Guide, January 2016 Italian pianist
Riva has toured internationally and is a real jaw-dropping technician.
I cannot imagine these pieces done any better, and he accomplishes his
tasks with ease and sparkle. His ability to maintain a light touch in
the face of a shower of rapid notes is most impressive. Alain Backer Adolfo
Fumagalli, Paganini du piano
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Milano,
Il Giorno, mercoledì 14 ottobre 2009 La precisazione
“celebre musicista” della targa sulla casa nativa di Adolfo
Fumagalli, a Inzago, può far sorridere. Il fatto è che
Adolfo Fumagalli celebre lo fu veramente, anzi, fu uno dei pochi, se
non l’unico, pianista-compositore italiano dell’Ottocento
capace di imporsi nel panorama musicale internazionale. Ebbe l’appellativo
di “Paganini del pianoforte” e Liszt, del quale lo consideravano
il successore, dopo averlo udito in concerto, gli scrisse “io
m’inchino dinanzi a voi come al più grande dei pianisti,
perché chiunque sappia trarsi d’impaccio dalla trascrizione
di un’uvertura come quella del Cellini è senza dubbio un
artista fuori dall’ordinario…” Specializzato nelle
rielaborazioni di arie d’opera, Fumagalli (Diplomato al Conservatorio
di Milano dove aveva tenuto il suo primo concerto a dodici anni) strumentava
la melodia nel registro centrale, suddividendola tra le due mani e creando
così un effetto sonoro stereofonico e illusionistico (che era
appunto una caratteristica anche di Liszt). Aveva inoltre una abilità
ineguagliabile nelle trascrizioni per sola mano sinistra. E allora come
mai se ne son perse le tracce? Perché la sua vita fu brevissima:
nato nel 1828, morì nel 1856, a soli 28 anni, a Firenze. Ma Adolfo
non è il solo Fumagalli rimasto negli archivi musicali: erano
infatti quattro fratelli, figli di un uomo di campagna, fattore dell’aristocratico
milanese Cesare Borsa, e venivano chiamati “i quater vilan d’Inzagh”.
Accanto al geniale e celebre Adolfo, Disma e Polibio insegnarono al
Conservatorio di Milano e il più giovane, Luca, concluse la sua
carriera in America. Inzago, nel giorno anniversario della nascita di
Adolfo (19 ottobre) promuove una mostra cittadina e la presentazione
di un disco registrato nel 150° anniversario della sua scomparsa.
Inoltre, sempre il 19, a Milano (ore 21, Spazio Oberdan), avrà
luogo un concerto del pianista milanese Adalberto Maria Riva, Musiche
di Golinelli, Martucci, Liszt e Fumagalli, chiudendo con la virtuosistica
“grande fantasia di bravura sul Profeta di Meyerbeer”. Ingresso
libero. Il
Giornale dell’Umbria, 20 agosto 2008 Di Adalberto Maria
Riva oggi si può parlare solo in termini di assoluto prestigio,
confermato da un’attività che ha avuto inizio proprio dal
Prix de Virtuosité conseguito al Conservatorio di Losanna nel
2001. Da allora Riva suona, incide dischi, promuove spettacoli di musica
e teatro, organizza convegni come quello di due anni fa dedicato alla
figura del compositore e pianista italiano Adolfo Fumagalli,
uno dei pochi artisti che l’Italia del melodramma può tentare
di affiancare a Franz Liszt… La Gazzetta di Parma, 15 giugno 2009 Il classico in discoteca Un disco di Riva per i 150 della morte di Fumagalli LA MANO SINISTRA CHE INCANTO’ LISZT La matrice italiana
del pianoforte - da Bartolomeo Cristofori che ne è stato il geniale
inventore a Clementi che ne ha forgiato solidamente il linguaggio, oltre
ad essere un valido costruttore - tende come ben si sa ad appannarsi
nell’ottocento, non solo per la dominante presenza del melodramma
ma anche per la cifra provinciale che contrassegnava il profilo di molti
di quegli artisti, pur dominatori, a volte impavidi, dello strumento.
Un panorama senza stupefacenti illuminazioni che tuttavia ad una ricognizione
più filtrata svela personalità di indubbio interesse.
Quella di Adolfo Fumagalli in particolare, anche se la prematura scomparsa,
a soli ventotto anni, lascia un trepido interrogativo sugli esiti che
con la maturità si sarebbero aggiunti alle testimonianze già
eloquenti che il giovane – nato a Inzago nel 1828 , uscito dalla
scuola prestigiosa di Angeleri- aveva offerto come virtuoso e come compositore
nella sua rapida conquista di una notorietà, nelle maggiori città
europee; a Parigi soprattutto, dove si stabilì, si guadagnò
l’ammirazione di Liszt accompagnata dall’incoraggiamento
a < mirare più in alto e più lontano>, per dire
appunto di virtualità non ancora liberate da quel talento pianistico
che consentiva a Fumagalli di affrontare le sfide più ardue (
sarà definito < il Paganini del pianoforte>), grazie soprattutto
a quel dominio stupefacente della mano sinistra ben attestato da alcune
sue composizioni destinate ad essa, come la < Grande Fantaisie sur
‘Robert le diable’ > che possiamo ascoltare, insieme
ad altri brani, grazie ad un disco di grande interesse realizzato dal
Comune di Inzago in occasione dei 150 anni dalla morte. Interprete è
il giovane pianista Adalberto Maria Riva il quale oltre a possedere
tutti i requisiti strumentali necessari per dar vita sonora ad una scrittura
spesso iperbolica ne lascia scorgere in filigrana quei fermenti immaginativi
ben rivelatori di come Fumagalli avesse respirato aria europea, e come
avesse assimilato certe linfe dei grandi romantici; di Liszt in particolare
di cui si possono cogliere riverberi nella particolare qualità
evocativa, tra il visionario e il ‘poetico’, ricreata attraverso
una tavolozza pianistica di sensibile ricchezza che Riva mostra di gestire
con ammirevole consapevolezza penetrando in tal modo le ragioni di un
virtuosismo incarnato non solo nella spettacolarità del gesto
ma pure nel potere significativo del suono e nella sottigliezza delle
movenze in esso racchiuse. Varese, La Provincia, sabato 3 ottobre 2009 annuncio del concerto del 4 ottobre "INTERPRETANDO SUONI E LUOGHI" PORTA AL PIANO ADALBERTO RIVA Lo
chiamavano “il Paganini del pianoforte” e non c’era
aria o melodia che l’Adolfo Fumagalli da Inzago non sapesse trascrivere
per il suo strumento o eseguire con virtuosismo quasi senza pari. E’
curioso sapere che Adalberto Maria Riva, pianista milanese ospite stasera
alle 21 della rassegna “interpretando suoni e luoghi” proprio
all’ormai obliato compositore dell’Ottocento abbia dedicato
la sua tesi, eseguendo anche molti brani in concerto…
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2011 Adalberto Maria Riva |