La provincia di Lecco, 20 aprile 2008
recensione del concerto del 15 aprile
Roberto Zambonini

Applaudito protagonista del concerto di pianoforte alla Fondazione Carcano di Mandello

RICCO DI SFUMATURE IL SUONO DI ADALBERTO MARIA RIVA

Adalberto Maria Riva, protagonista del concerto che si è tenuto nella sede della Fondazione Carcano di Mandello del Lario, è un pianista pacato, composto, il cui viso e la cui postura non lasciano trapelare forti emozioni o intenzioni interpretative. Allo stesso modo la sua tecnica sembra frutto della spontaneità piuttosto che dello studio. La sua forza comunicativa e interpretativa si annida nel tocco delle dita affusolate sulla tastiera, dita che, pur dando l’impressione di sfiorare i tasti, riescono ad ottenere non solo un suono chiaro e cristallino, ma, anche, ricco di colori e di sfumature davvero impensabili.
La sua esecuzione della Sonata op. 53 di Beethoven conosciuta come “Aurora”, del Blumenstück di Schumann, del Au lac de Wallenstad e Au bord d’une source (dagli années de pélerinage) di Liszt, di Réflets dans l’eau e dei tre brani tratti dai Préludes di Debussy (Des pas sur la neige, Brouillards, Le vent dans la plaine) si è caratterizzata per una rigorosità tecnica e di fraseggio impeccabile e quasi imperturbabile, eppure carica di significati.
Il tema della serata, La natura, tema che da sempre ha ispirato musicisti e compositori che ne hanno fornito letture le più diverse (dall’imitazione alla descrizione, dall’impressione alla trasfigurazione) ha trovato in Riva un interprete rigoroso e nitido; potremmo dire che ha affrontato con “naturalezza” il tema della natura, senza nulla concedere alle smancerie o alle esaltazioni.
La prima parte del concerto è stata dominata dalla Sonata di Beethoven, una sonata che rimanda alle atmosfere e ai respiri dell’Eroica. Anzi, la fantasia e l’audacia armonica ne fanno un lavoro che probabilmente si spinge oltre l’Eroica stessa. Riva ci ha restituito, in sintonia con il suo modo di approcciarsi al pianoforte, una Waldstein (dal nome del conte Ferdinand von Waldstein a cui era dedicata) precisa, pulita, rigorosa ed essenziale.
Dobbiamo dire che questo tipo di approccio ha dato i risultati migliori in Debussy, con il quale si è chiusa la serata. Qui l’approccio di Riva, che non si è lasciato sedurre dalle atmosfere sognanti, ha saputo cogliere quella che potremmo definire “la vera essenza” della musica di Debussy, che si trova sul crinale tra la dissoluzione e liquefazione della tradizionale struttura musicale (che traduce peraltro in suoni semplici e spontanei le singole espressioni sensitive) e una struttura compositiva rigorosa, dove tutti gli elementi trovano la giusta e precisa collocazione, non solo gli elementi armonici e melodici, ma anche quelli timbrici e ritmici. Un’interpretazione di Debussy che ci sembra di straordinaria efficacia e modernità.
Applausi e due pagine di Chopin, come bis, hanno chiuso la serata
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© 2011 Adalberto Maria Riva

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